Entropia, disordine, caos. È così che è nato l’universo, più o meno. Comunicazione, eccesso di immagini, suoni, notizie, eventi in movimento. Digitati adesso, arrivati ancor prima di terminare. Finiti mentre vengono fruiti. Fagocitati e commentati senza neppure appurare se siano realmente accaduti. Messaggi differenziati a casaccio: alcuni nell’umido del dimenticatoio, altri nel multimateriale dei social network. Non è detto che i primi non vengano ripescati, per effetto di uno strano passaparola: quello che in gergo tecnico si chiama linkaggio e in definitiva consiste nell’imitare ciò che si faceva (e forse si fa ancora) muniti di punesse e foglietti per appendere sulle bacheche i propri avvisi al mondo esterno. Le bacheche di internet, però, sono digitali. Basta un click, un minimo di dimestichezza e il gioco è fatto: la notizia arriverà, potenzialmente, a milioni di utenti.
Chiunque, senza essere un emulo del cinematografico Robert Redford a caccia di scottanti verità, può trasformarsi in reporter d’assalto. Chiunque, senza avere il lucido impeccabile acume di Enzo Biagi, può improvvisarsi commentatore del suo tempo. Poi c’è chi si fida e chi diffida. In molti si affrettano a dare l’estrema unzione ai giornali di carta, stretti nella morsa di una crisi made in Italy che ha tolto loro il 32% del fatturato. In pochi hanno benedetto subito la capacità di raduno moltitudinario che i vari facebook e twitter hanno avuto nel liberare le istanze democratiche di milioni di giovani e non, in piazze reali, per sovvertire poteri consolidati. Di tutto, e del contrario di tutto questo, si è parlato mercoledì 19 ottobre alla Libreria Feltrinelli di Caserta, nell’ambito del dibattito Le Frontiere digitali dell’informazione, per il ciclo di eventi intitolato La piazza del Sapere.
Giornalisti come Angelo Vitale e Gloria Esposito, esperti del settore digitale come Alessio Scicolone, e semplici cittadini, lettori digitali o meno, si sono dati appuntamento in un piccolo feudo della carta stampata, per comprendere fino a che punto i media tradizionali siano pronti a raccogliere il guanto di sfida dell’era digitale. Un’era che probabilmente taglia fuori coloro che non sanno stare al passo con i tempi, come la generazione over anta per cui la apple è poco più di un frutto inglese da sbucciare. Un’era selvaggia in cui il mito del cronista è stato soppiantato dal giornalista urbano non iscritto a nessun ordine se non a quello dei suoi meandri cerebrali. Un’era in cui le foto della morte di Gheddafi o il video di Belén sono messi sullo stesso piano: quello inclinato del far notizia a tutti i costi, per avere accessi, sponsor, e magari la possibilità di informare ancora. Oggi, domani e dopodomani, sperando che dal caos primordiale nasca un nuovo universo in cui sia più comprensibile discernere il vero dal falso e – considerato che l’evento si è tenuto a Caserta – la notizia dalla bufala.