web tax il sintomo della miopia Italiana
La web tax (o google tax) è diventata in pochi giorni il simbolo della battaglia contro i soprusi dei vari cattivi colossi del web tra cui google (il principale motore di ricerca che notoriamente odiato da tutti gli italiani compresi i politici che vi si fanno pubblicità) ed amazon (il cattivissimo e convenientissimo store online dove gli italiani odiano fare acquisti). A ben guardare in questo paese il vero gap digitale è un problema squisitamente politico, la classe dirigente negli anni non è riuscita (perché non ne ha le competenze) a cogliere le opportunità offerte dall’economia della rete. Si parla ossessivamente di evasione fiscale da combattere e non si fa nulla per contrastarla, il gioco è molto semplice, stanare 1000 evasori ad esempio implicherebbe la messa in moto dei controlli seri ed approfonditi (ricordate Cortina? i controlli erano un danno all’economia del turismo) mentre prendersela con un evasore (?) che ne vale mille, è molto più facile.
web tax e la globalizzazione
Il punto principale è che il mercato nel nostro paese è ancora concepito come qualcosa di locale invece che “glocale” le imprese come google scelgono di pagare le tasse nei paesi europei (Irlanda dove manco a dirlo hanno sede europea google, facebook ed apple, e Lussemburgo) che hanno capito che tagliando il valore della tassazione si attraggono investimenti esteri, da qui lo scandalo, ovvero google vende in Italia e paga le tasse in Irlanda. La web tax è solo l’ultimo esempio di come la politica italiana voglia cercare di distrarre l’attenzione con affermazioni del tipo “google ha evaso il fisco” cercando di nascondere l’incapacità di fare fronte alla vera evasione.
La dematerializzazione dei prodotti ha portato nel tempo al fenomeno chiamato dumping fiscale gran parte dei prodotti e servizi digitali che si acquistano in Italia rientrano nel fatturato di aziende che hanno sede il Lussemburgo ad esempio, che non è un paradiso fiscale, si è solo portato avanti con il lavoro, agevolando le imprese a investire su quel territorio e creando anche posti di lavoro. La cosa che più spaventa in questo paese è il totale senso di smarrimento della classe politica su questi argomenti, che trova la soluzione in una sorta di “dogana digitale” che è anti-europea e vecchia quanto il cucco; il dramma è che siamo riusciti a concepire una visione fiscale del web che non esiste da nessuna parte.
Se un piccolo imprenditore volesse oggi fare uso degli annunci adwords di google magari per promuovere i propri prodotti al di fuori della sua regione, grazie alla web tax (o spot tax diverrà tutto più complicato), e se prima esisteva un margine per fare impresa grazie ad internet oggi con questa assurda trovata muore tutto. Politici come Francesco Boccia, promotore della web tax, evidentemente non hanno dimestichezza con la rete e con il web e le sue dinamiche, ecco perché è stata partorita questa mostruosità assurda. Continuiamo a guardare all’Europa, sempre da più lontano.