Provate a pensare come un terrorista per un secondo, vi sarebbe utile poter utilizzare gratuitamente un satellite? Certo! Bene, “Ora pensate a Google Earth!
Infatti, è stato Google Earth che i membri del gruppo terroristico Lashkar-e-Tayyiba hanno utilizzato per pianificare l’attacco terroristico di Mumbai nel 2008 che ha ucciso più di 150 persone, sostiene Weimann, uno dei principali studiosi di terrorismo e dei media.
Gli aggressori hanno usato le imagini satellitari per memorizzare punti di riferimento, aiutandosi a coordinare meglio ed effettuare la serie di sparatorie e bombardamenti. I gruppi terroristici di tutto il mondo hanno rapidamente imparato a manipolare il Web e i social media, un’invenzione dell’Occidente contro l’Occidente, rimodellando la guerra al terrorismo. Weimann, ricercatore presso il Woodrow Wilson Center e professore all’Università di Haifa in Israele, ha studiato il rapporto tra terrorismo e mass media fin dai primi giorni di Internet e ha appena pubblicato un nuovo rapporto intitolato “Nuovo Terrorismo e New Media.”
Secondo il rapporto, i gruppi terroristici utilizzano piattaforme social-media tra cui Twitter, Facebook, Instagram, YouTube e Flickr per diffondere la loro propaganda e raccogliere fondi, nonché per reclutare e addestrare nuovi membri. Weimann sostiene che lo stesso strumento di social-media potrebbe essere un vantaggio per gli Stati Uniti e altre nazioni che cercano di contrastare i terroristi e la loro narrazione. Ma finora, dice, i terroristi stanno facendo un lavoro migliore rispetto ai governi nell’utilizzare questi mezzi.
Questo non significa che le forze anti-terrorismo sono state beffate, le informazioni raccolte tramite Internet hanno aiutato a svelare molti complotti terroristici; tuttavia per progredire nella lotta al terrorismo i governi devono vedere i social media come una “nuova arena” nella guerra contro il terrore che richiede “nuovi soldati, nuove armi e nuovi regolamenti, naturalmente anche nuove tattiche.”
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Se lasciamo il campo aperto solo per le loro “narrazioni”, possiamo perdere la battaglia, ma se capiamo che possiamo utilizzare le stesse piattaforme per contrastarli con messaggi alternativi, possiamo rispondere a questo diverso tipo di guerra.Weimann
Quanto tempo hai lavorato al monitoraggio del rapporto tra terrorismo e social media?
Quasi 16 anni fa, abbiamo iniziato a cercare su Internet, perché i terroristi hanno iniziato ad usare Internet più o meno in quel periodo, a quel tempo, circa 12 siti web sono emersi online, tra cui al-Qaida. Da allora, abbiamo monitorato l’uso di Internet e delle piattaforme online da parte di gruppi terroristici. Oggi siamo di fronte a oltre 9.800 siti terroristici ed in cima a tutti i social media da Instagram e Flickr e YouTube e Twitter e Facebook e così via.
Come si è evoluta la vostra ricerca da quando hai iniziato nel 1998?
I numeri sono cambiati dopo l’11/9, molti gruppi terroristici, in particolare quelli relativi ai movimenti jihadisti, come quelli di al-Qaida si sono spostati nel cyberspazio, la guerra al terrorismo in realtà ha reso molto difficile per loro incontrarsi e condurre campi di addestramento, propaganda, etc, in realtà il trasferirsi nel cyberspazio è stato già un risultato vittorioso. Soprattutto dopo l’11/9, abbiamo visto un drammatico aumento nei siti web dedicati a movimenti terroristici ed i numeri sono cresciuti a migliaia.
Perché ai terroristi piacciono i social media?
Direi che la migrazione verso i social media è supportata da altre tendenze, una di queste è il desiderio di interattività; in secondo luogo, sanno esattamente chi sono le persone che accedono a social media e questi sono soprattutto i giovani, target perfetti per loro, soprattutto se parliamo di radicalizzazione di reclutamento. La terza è che i social media permettono di bussare direttamente alla tua porta e l’ultimo che vorrei sottolineare è il passaggio ad un (soprattutto tra i jihadisti e i gruppi di al-Qaida affiliati) “terrorismo da lupo solitario” nuovo termine che indica il terrorismo organizzato da individui al di fuori di un tradizionale gruppo.
Come i social media stanno alimentando questa tendenza del terrorismo “lupo solitario”?
Direi che i lupi solitari non sono lupi solitari davvero, c’è un gruppo virtuale dietro di loro, c’è qualcuno che li ha addestrati, che li ha guidati, che li ha lanciati e ancora una volta i social media sono molto utili quando si tratta di lanciare campagne.
Tornando indietro di un anno a Boston, se pensate a questi due fratelli di cui abbiamo trovato le tracce online, lasciamo stare che si tratti di Twitter, Facebook o YouTube, che cosa hanno scaricato?, che cosa hanno guardato? Se guardate i siti che hanno visitato e quello che hanno scaricato vi accorgerete che quei lupi solitari non erano soli.
A parte l’attacco di Mumbai, quali altri attacchi terroristici sono stati organizzati sui social media?
Nel mese di aprile 2013, l’esercito siriano ha attaccato via web l’account Twitter dell’Associated Press e ha inviato un messaggio a milioni di follower “Breaking News: due esplosioni nella Casa Bianca e Barack Obama è ferito.”
La notizia era ovviamente falsa, ma le ripercussioni sono state più che reali, i mercati in pochi minuti sono crollati; la Borsa di New York ha bruciato 136 miliardi dollari, una prova che possono incidere, e possono usare Twitter per attaccare il mondo e persino causare danni, questo caso ne è una prova lampante.
Che ruolo hanno giocato i social media nei rapimenti di massa in Nigeria? E come fa l’hashtag #BringBackOurGirls a servire come esempio di ciò che le nazioni occidentali possono fare per combattere il terrorismo?
[la Nigeria] è la prova che anche i gruppi come Boko Haram, che sono molto tradizionali, gruppi estremamente tradizionali [la cui causa] sta tornando alle vecchie regole dell’Islam, utilizzano gli strumenti, non religiosi più avanzati di Internet.
[# BringBackOurGirls] rafforza la mia tesi che, se si vuole contrastare questa tendenza è necessario utilizzare le stesse piattaforme, lanciando dei contro-messaggi per dare una risposta e ridurre al minimo l’efficacia delle loro campagne; è necessario utilizzare le stesse piattaforme, non solo arrestarli.
Boko Haram si trova ad affrontare le ripercussioni non solo della società occidentale o società non musulmana ma c’è anche di un dibattito tra gli jihadisti stessi, relativo a se Boko Haram non si sia spinto troppo lontano questa volta.
Che cosa hai trovato più sorprendente nella vostra ricerca?
Penso che ci sia un paradosso storico, [Internet e i social media] sono stati sviluppati, mantenuti e diffusi in tutto il mondo da parte dei paesi occidentali, dal modello occidentale della società, e chi lo sta usando contro il modello occidentale della società? Quei gruppi che provengono da società e credenze religiose che criticano l’Occidente. Non hanno mai sviluppato vere capacità e competenze per Internet o le sue molte piattaforme, mai nemmeno un centimetro di progresso, hanno però imparato, e solo molto veloci in questo, ad adattare i nostri dispositivi contro di noi.
Quanto efficaci sono le contro-campagne sui social media?
L’America è noto in tutto il mondo, per molti anni, come il paese delle campagne: campagne politiche, campagne commerciali, se c’è un paese, se c’è un paese, dove si ha il miglior know-how, l’esperienza migliore in termini di lancio di contro-campagne campagne di vendita, campagne politiche, è l’America. Come mai questo know-how, questa esperienza non era ancora del tutto usata quando si parla di campagne di lotta al terrorismo?
Cosa possono fare gli Stati Uniti adesso per usare i social media in modo più efficace per combattere gli attacchi terroristici?
Prima di tutto dobbiamo riconoscere che stiamo combattendo una nuova guerra contro il terrorismo non dobbiamo solo guardare al passato e imparare dal passato, ma dobbiamo anche guardare al futuro e cercare di prevedere in base alle tendenze emergenti come prepararsi per il prossimo step.